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Testo e foto di Samuele Baccifava

Di Cairano sapevo veramente poco. Il mio amico Alberto, me ne parlò qualche mese fa. Antonio, un residente del luogo, gli aveva raccontato che, proprio a Cairano, negli anni sessanta, era stato girato un film andato poi perso. Alberto di sicuro, mi aveva incuriosito anche perché, mi aveva anche detto che il borgo antico è sorto in cima ad una rupe da cui la vista diviene mozzafiato quando si getta lo sguardo tutt’intorno. E allora, alla prima occasione, abbiamo chiamato un po’ di amici e, con lo zaino in spalla, siamo ritornati. Prima tappa al “ilfornaioecologico” il Panificio del paese per acquistare un po’ di pane e, seconda tappa al Generi Alimentari per aggiungere un po’ di companatico e via, su in cammino verso la cima della rupe per un pranzo frugale dove il respiro si spezza per l’emozione dinanzi alla maestà della terra irpina che intorno gira. La prima cosa che colpisce di Cairano, è l’accoglienza delle persone del posto. In una giornata dedicata alla visita del borgo, abbiamo avuto l’occasione di poter parlare con la gente del posto che, non solo ci ha sempre donato un sorriso ma, è stata anche fondamentale per poter avere maggiori informazioni e curiosità in merito alla storia relativa alle vicende cinematografiche legate alla realizzazione del film “La donnaccia”.

Di quel film, tutti se ne ricordano ed i più anziani sono quelli che più di tutti hanno avuto lo slancio per raccontarci i diversi aneddoti occorsi durante le riprese e le annose vicende che ha portato prima alla perdita della pellicola cinematografica e poi, grazie al ritrovamento alla riedizione in formato digitale del film. Di tutta questa storia ne siam venuti a conoscenza durante la chiacchierata fatta con diverse persone davanti al bar de Ngiulì a la chiazz, Ngiulì uno dei mentori fondamentali del borgo. Giusto il tempo di una birretta per poi incontrare Antonio, custode del Museo dell’Aria e ideatore del sito di Cairano nel cuore. Grazie alla sua immensa disponibilità la visita del borgo è divenuta una fantastica passeggiata agreste tra le vecchie cantine che costeggiano la rupe sino alla cima più alta del borgo, in cui si possono apprezzare i colori, i profumi e anche le tante storie che si sono impregnate in questo luogo magico. E le foto fatte, ne sono la testimonianza: vedere i repentini cambi di colori e sfumature in cima alla rupe nell’ora del tramonto, è qualcosa di indescrivibile che ti entra dritto dritto al cuore. E quando il cuore batte, l’animo racconta: sono tutte le storie che ‘Ngiulì ci ha raccontato seduti davanti al suo bar, quella che lui con guizzo ironico chiama appunto l’Irpinia Paranoica, la comunità “contro” la valorizzazione del territorio. Affermare una cosa per dire il suo esatto contrario, verrebbe da dire. Perché ‘Ngiulì, del suo territorio ne è veramente innamorato e tanto sta facendo per la promozione del suo territorio. Glie l’ho letto negli occhi brillanti mentre al bancone, tra i suoi racconti, ci serviva l’Amaro di Cairano. Una giornata indimenticabile che porteremo sempre nel cuore, per l’intensità degli incontri fatti, per tutti i saluti che ci rivolgevano le persone che incontravamo per strada, per la loro disponibilità al racconto e alla chiacchiera, per quella dimensione di vita ancora autentica che, ad oggi purtroppo, soprattutto nelle grandi città, sta ormai scomparendo. Per tutte queste emozioni possiamo ben dire che oggi Cairano è sempre più nel nostro cuore.