Dall’alto della roccia
vedo fluir lontano e nella valle
la gioia dell’immenso
e bevo alla sorgente
che stilla nel mattino
dai petali socchiusi
e fumo l’aria salubre
che spira
dai cipressi della chiana;
sereno m’accompagno
al candido linguaggio
del rude, pio bifolco
mentre folate d’ali
intorno vanno a risvegliar l’aurora
nel cui vermiglio gocciola giulivo
il tintinnio devoto.
Dai portelli assonnati ad una ad
una eccoli fedeli
donne, frangiate nello scialle,
andare assorte, si come Madonne,
alla preghiera.
Altra più mattiniera
lungo l’erta affannosa
già con la voce incita
lo scalpitar faville del somaro.
E, quando l’astro brilla
nei taciturni, ripidi chiassuoli
raspa il pollaio placido
mentre giù pei declivi
la madida armonia d’opre feconde
fa germogliare i sassi. Continua a leggere