L’importanza di una lingua per uno Stato, una Nazione, una civiltà, è fondamentale. Che cosa sarebbe dell’Italia, della Francia, della Germania, se non esistesse l’italiano, il francese o il tedesco? Questi paesi verrebbero a mancare di qualcosa di più di un semplice mezzo espressivo: verrebbero a mancare della loro stessa civiltà. Quando, uno Stato nuovo, per esempio uno Stato africano, rinuncia alla propria lingua e ne adotta una straniera, è come se rinunciasse alla propria identità, a sé stesso. E ciò perché ogni lingua esprime quel che vi è di caratteristico, di peculiare in una civiltà e che un’altra civiltà non possiede o possiede diversamente. Lo studio della lingua è di primaria importanza per la comprensione di un popolo; essa è l’espressione più autentica non solo di ciò che quel popolo faceva o penava, ma soprattutto di ciò che era. La lingua non è infatti l’opera di questo o quell’individuo come opera d’arte ma è la creazione dell’intero popolo. E nessuno da solo, può stabilirne lo sviluppo o condizionarlo: è la gente, a tutti i livelli, che parlando dà vita alla lingua e rispecchia in essi gli usi, i costumi, le idee, la propria storia. Nell’evoluzione della lingua è la storia di un popolo. Pensiamo all’italiano che, nato dal latino, se ne distacca per l’uso che ne fa il popolo. E il popolo, in questi casi, ha sempre ragione; fa della lingua una cosa viva, il proprio mezzo di espressione, non usa il latino e di conseguenza, anche gli intellettuali, per non estraniarsi dalla realtà, devono adottare il “volgare”. È così che nasce l’italiano e, attraverso i secoli, si plasma, si trasforma e giunge fino a noi. Una grande eredità, dunque. Ma non sempre gli italiani sembrano rendersene conto, perché introducono nella lingua parole straniere, e non per necessità, cioè perché manca l’equivalente parola italiana, ma per un provinciale desiderio di apparire colti o moderni. Si tratta in realtà di conformismo, sentiamo parole straniere, ci affascinano e vogliamo usarle anche noi. È così che nella nostra lingua entrano numerosi vocaboli stranieri di cui si potrebbe farne a meno. Una volta venivano dal francese, oggi dall’inglese, il che dimostra il particolare servilismo di chi li usa. Coloro che conoscono più lingue, raramente le mischiano, perché sanno che l’effetto è negativo. Non esiste una lingua migliore delle altre, ma ciascuna lingua ha parole, costruzioni ed espressioni che sono particolari che le sono peculiari e che le altre non hanno. Per fortuna, i vocaboli stranieri sono spesso legati a delle mode, così che, quando queste sono passate, essi vengono sostituiti dai corrispettivi italiani.
La nostra lingua e le parole straniere
16 giovedì Lug 2020
Posted Il Paese nel Tempo
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Raffaele ha detto:
Bell’articolo, Antonio. Tu sai bene come la penso io su questo argomento, ma purtroppo da solo non e’ possibile fare niente. Se da anni ho cercato di combattere questa cosa, ora sono arrivato al punto di non leggere piu’ giornali e periodici Italiani perche’ sono stufo di tutte le parole inglesi che si usano inutilmente. Non credp proprio che la gente si rende conto che questo uso non solo diminuisce il valore dell’Italiano, ma indica anche mancanza di conoscenza dell’Italiano, e quindi povera cultura, ed un modo puerile ed inefficiente di affrontare la vita. E questo vale per i governanti , giornalisti e tutti quelli che si considerano parte dell’ Intelligenzia Italiana..
Ma questo significa anche parlare al vento.
Ciao,
Raffaele.
Roberto ha detto:
“Per esempio, la lista pubblicata dall’università di Princeton dice in primo luogo che l’italiano è sonoro e bellissimo, ed è la lingua di riferimento per chi ama l’arte, la musica, l’architettura, l’opera, il cibo… molte delle cose piacevoli della vita, insomma.
Dice Dianne Hales, autrice di La bella lingua. Con l’italiano “entri in contatto con la storia, l’arte, la religione, la musica, il cibo, la moda, il cinema, la scienza – tutto ciò che la civiltà occidentale ha inventato”.
Sembra però che a noi italiani, che (più o meno) parliamo italiano da sempre, di tutto questo importi poco.”